Adagiata sul
Kratas, un lembo meridionale dei Monti Sicani, sorge
una delle più antiche città della Sicilia: Caltabellotta.
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Caltabellotta con i suoi tre
picchi: Monte S. Pellegrino, Monte Castello
(centro), Rupe Gogàla |
La sua posizione
straordinariamente forte ha fatto di questa cittadina
montana un punto strategico rilevante che l’ha resa
protagonista, per oltre duemila anni, della storia di tutto
il territorio che va dal fiume Belice al fiume
Platani.
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Sicilia
sud-occidentale, al centro Inycon – Camico –
Triokala –Caltabellotta |
Contesa, dominata,
saccheggiata e distrutta dai popoli che hanno occupato la
nostra Sicilia, è sempre riuscita a sopravvivere e a
rigenerarsi cambiando talvolta la sua ubicazione e perfino
la sua onomastica.
Due grotte, situate sulla cima
del Monte S. Pellegrino, riportano le sue origini ad
un’età preistorica.
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Monte ed eremo di S. Pellegrino |
M. S. Pellegrino - Grotta del
drago |
Le quattro necropoli che
circondano la città attestano una presenza sicana
riconducibile all’età del bronzo antico.
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Necropoli -
Cappuccini |
Necropoli -
S. Marco |
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Necropoli -
Monte delle Nicchie |
Necropoli -
S. Paolo |
Sul vicino monte Gulèa
in età protostorica si formò il primo nucleo di un
insediamento che, estesosi prima al contiguo terrazzo S.
Benedetto e poi ai villaggi vicini, diede vita alla
città di Inycon.
L’acropoli inizialmente sorse
sulla cima del monte Gulèa, ma intorno al XIII sec.
a.C. la sede reale venne trasferita sulla vicina rupe
denominata Camico, oggi Gogàla, eponimo del
suo illustre sovrano, Cocalo.
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Rupe Gogàla |
Cattedrale |
Divenuta leggendaria per aver
resistito a cinque anni di assedio, viene oggi annoverata
tra le più famose acropoli dell’antichità, insieme alle
coeve Micene, Pergamo di Troia e Cadmea
di Tebe. La città raggiunse un elevato sviluppo nel VI
sec. a.C. ma, a seguito della sua ellenizzazione,
dovette cambiare il suo nome sicano Inycon, ricordato
per l’ultima volta da Erodoto e da Platone (V
sec. a.C.), in quello greco di Triokala, citato per
la prima volta da Filisto di Siracusa (V sec. a.C.).
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Gogàla:
ara votiva |
Il nuovo toponimo sintetizza
tre qualità vantaggiose: abbondanza d’acqua, fertilità
del suolo ed un forte sistema difensivo (Diodoro).
Nel 258 a.C., nel corso della
prima guerra punica, la città venne distrutta dai Romani (R.
Panvini). Ma, a differenza di tutti gli altri centri
sicani fortificati di cui si è persa la memoria, essa tornò
a rivivere perché i suoi abitanti rifondarono Trokalis
(la Nuova Triokala) nei pressi della vicina frazione di S.
Anna, oggi denominata contrada Troccoli (V.
Giustolisi).
La Gogàla visse le
stesse vicende della vecchia città, ma la sua storia non si
fermò al III sec. a.C. perché successivamente venne chiamata
a suggellare altri eventi straordinari
Nel corso della seconda
guerra servile (104-99 a.C.) il capo degli schiavi
Salvio Trifone, avendo deciso di evitare la città
ritenendola causa di inerzia e di neghittosità (Diodoro),
si insediò con i suoi 40.000 uomini sul terrazzo di
S.Benedetto e sulla rupe Gogàla riportando in
vita la città distrutta dai Romani, ma soltanto per cinque
anni perché lo scontro si concluse con la disfatta degli
insorti. I mille schiavi superstiti, guidati da Satiro,
preferirono togliersi la vita piuttosto che combattere
contro le fiere nell’arena, segnando con il loro sacrificio
una delle pagine più nobili della storia.
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S. Maria della Pietà,
chiesetta rupestre di epoca bizantina |
Sotto il dominio romano e poi
sotto quello bizantino Trokalis dovette sopportare,
per oltre dieci secoli, le condizioni di città tributaria.
Con il trionfo del
Cristianesimo la città divenne sede di una delle più
grandi diocesi della Sicilia, i cui confini ancora una volta
furono segnati dai fiumi Platani e Belice.
Si tramanda che il suo primo
vescovo fu S. Pellegrino, venuto da Lucca di Grecia.
Nel IX sec. d.C. la
popolazione, minacciata dalle incursioni saracene, fu
costretta a tornare nuovamente sulle cime del Kratas
dove, su un angolo della Gogala, oggi denominato
Terravecchia, diede vita ad un nuovo insediamento cui
venne attribuito il nome Balateta (R. Pirro).
Subentrati gli Arabi
(860-1091) il borgo adottò il nome Qalat al Balat,
fortezza costruita sulle balate, cioè sulla pietra
spianata (Edrisi), da cui l’odierna Caltabellotta.
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Data incisa sulla
parete esterna dell’abiside della cattedrale |
Cacciati nel 1091 dal conte
Ruggero, gli Arabi furono costretti trasferirsi nella vicina
Sciacca dove si insediarono in quel quartiere che ancora
oggi porta il nome di Ràbato.
Ad essi si sostituirono i
Normanni i quali chiusero la via di accesso di Qalat al
Balat con una cinta muraria e due porte (Salvo Porto
e S. Salvatore).
La loro presenza durò fino al
29 dicembre 1194, quando Guglielmo III, l’ultimo erede al
trono normanno, e sua madre, la regina Sibilla, vennero
prelevati con l’inganno dal castello di Caltabellotta, dove
si erano rifugiati, e, accusati di aver ordito una congiura
contro Enrico VI di Svevia, vennero arrestati e condotti
prigionieri in Germania.
Ad essi subentrò la dinastia
sveva.
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Bivona XIV secolo |
Burgio XIV secolo |
Nel 1270 nello stesso castello
venne festeggiato il ritorno di Guido d’Ampierre
dalla crociata condotta da S. Luigi IX re di Francia
e in quell’occasione parteciparono al sontuoso banchetto
molti nobili che vennero rallegrati dal più famoso
menestrello dell’epoca, Adam le Roi.
Scoppiata la Rivoluzione
del Vespro (31 marzo 1282), Caltabellotta seguì
l’esempio dei palermitani. La guerra tra Angioini ed
Aragonesi si concluse il 29 agosto 1302 con il trattato di
pace che venne firmato a Caltabellotta e Federico III
d’Aragona, venuto in soccorso dei Siciliani, divenne re di
Sicilia col titolo di Federico II.
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Caltabellotta (Castello Luna)
XII sec. |
Caltabellotta (Castelvecchio)
XI secolo |
Il dominio spagnolo segnò la
decadenza della centralità politica ed amministrativa di
Caltabellotta ed il suo territorio venne frazionato in
contee.
Nel 1338, per volontà del re
Pietro II d’Aragona, fu nominato primo conte di
Caltabellotta l’ammiraglio del regno, Raimondo Peralta.
Nell’estate del 1400, a
seguito delle nozze tra Artale de Luna e
Margherita Peralta Chiaramonte, figlia di Guglielmo, la
contea passò alla famiglia dei Luna che ricevette in dote le
terre e i castelli di Bivona, Cristia,
Giuliana, Poggio Diana e
Sciacca.
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Cristìa XIV secolo |
La presenza spagnola si
protrasse fino al 1713 quando la Sicilia venne assegnata al
piemontese Amedeo II e, dopo una breve presenza
austriaca, nel 1734 venne unita al regno borbone di Napoli.
Il resto è storia recente.
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Giuliana XIII secolo |
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La
frammentazione del suo territorio e la
proliferazione di una miriade di feudi favorì la
nascita di piccole borgate che nel tempo
progredirono in prosperosi centri urbani. |
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Poggio Diana (Misilcassim)
XIV secolo |
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La città vide
incrementare anno dopo anno la popolazione ed il
territorio di Bisacquino, Bivona, Burgio,
Giuliana, Prizzi, Sambuca e Sciacca, già piccoli
insediamenti arabi, e tra il XIII ed il XVII
secolo tutto il comprensorio venne costellato di
nuovi centri rurali: S. Stefano Quisquina (XIII
secolo); Chiusa Sclafani (1320); Salaparuta (XIV
secolo), Contessa Entellina e Palazzo Adriano
(1450); Villafranca Sicula (1499); Alessandria
della Rocca (1570); S. Margherita Belice e
Montevago (1572); Calamonaci (1574); S. Anna e
Lucca Sicula (1622); S. Carlo (1628); Ribera
(1630); Cianciana (1640); Menfi (XVII sec.).
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Sambuca (Castello arabo
Mazzallaccar) XI secolo |
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Sciacca (Castello Luna)
XIV secolo |
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Menfi (Burgimillus) XIII
secolo |
Sciacca (Castelvecchio)
XIII sec. |
Salaparuta XIV secolo |
Oggi Caltabellotta non è più
titolare di quel potere politico ed amministrativo che un
tempo appartenne alla capitale del regno sicano di Cocalo,
ma ha conservato il privilegio di poter dominare
(virtualmente) dall’alto del suo Castello Luna tutti
i centri urbani che nelle serene notti d’estate, con i loro
brillanti luccichìi, segnalano l’area e i confini entro i
quali un tempo si ergevano i suoi imponenti castelli. |