A
Caltabellotta da ottobre fino a
dicembre si respira un aria diversa.
Non per l’arrivo delle piogge
autunnali, ma per l’apertura dei
frantoi: il caratteristico odore
dell’olio appena estratto pervade
tutte le piccole vie del borgo
animando le persone. Sì perché
l’olio ha per i caltabellottesi lo
stesso effetto che il vino sugli
abitanti nella famosa poesia di
Giosuè Carducci. Quasi tutti infatti
hanno degli ulivi da cui verrà
prodotto l’olio usato in famiglia,
ma anche darà un sostentamento
economico per alcuni non
indifferente.
L’ulivo può vantare una storia che
lo ha visto protagonista ed
accompagnatore dell’uomo. Dagli
albori delle civiltà mediterranee,
che lo hanno eletto sacro in
particolare alla dea Atena, fino ai
giorni nostri, passando per le varie
religioni che ne hanno riconosciuto
una certa affinità col divino. Per
esempio, nei pressi di Sciacca,
esiste un albero risalente al 1300,
nominato oleastro Inveges, le cui
drupe sono utilizzate per la
produzione dell’olio per le funzioni
religiose, nonostante si credesse
che fosse la dimora delle fate.
Anche nel Corano l’ulivo è ritenuto
particolarmente sacro e viene
suggerito di cospargere l’olio sulla
pelle. Questo suggerimento è altresì
veritiero, dato che l’olio d’oliva
ha anche delle proprietà cosmetiche
riconosciute.
Ritorniamo a Caltabellotta: qui la
cultivar prediletta è la biancolilla.
Questa cultivar presenta un albero
di modeste dimensioni, difficilmente
supera i 2 metri di altezza al
fusto, e le drupe sono generalmente
piccole. Il nome deriva dai colori
che i suoi frutti assumono durante
la loro formazione: all’inizio
bianche, ma quando arrivano alla
maturazione acquisiscono un vivace
colore lilla.
La raccolta viene effettuata
prevalentemente a mano, cioè senza
l’aiuto di grossi mezzi meccanici.
Gli unici utensili che aiutano, e
non poco, nella raccolta sono dei
bacchiatori portatili. Le olive
verranno poi molite entro le 24 ore
successive, praticamente il giorno
dopo, per evitare che il processo di
fermentazione possa intaccare la
qualità.
Questa viene appurata tramite un
apposito test e determinata dalla
normativa. Quella europea prevede
che per essere un olio extravergine
d’oliva, il contenuto di acidi
grassi liberi sia inferiore allo
0,8% in peso. Un limite che l’olio
extravergine di oliva di
Caltabellotta non fa alcuna paura,
dato che si mantiene a percentuali
ben più basse.
Purtroppo non esiste in commercio un
unico marchio che possa essere
facilmente riconosciuto come di
Caltabellotta. L’olio, infatti,
viene venduto sotto la denominazione
“Val di Mazara DOP”, oppure con il
nome del frantoio o del produttore.
Una grave mancanza dal punto di
vista imprenditoriale, che non
permette di puntare sulla qualità e
dunque un ritorno economico non
indifferente per tutti coloro che
fanno parte della filiera. Vani sono
stati alcuni tentativi in passato.
Durante la campagna olearia del
2017, oltre ad aiutare mio papà a
raccogliere le olive del nostro
piccolo uliveto, ho realizzato un
documentario che mostri come nasce
l’olio extravergine di oliva di
Caltabellotta. Vorrei innanzitutto
ringraziare mio papà, per avere
avuto pazienza nell’essere filmato e
diventare protagonista del video.
Poi i frantoi “Pipia“, del signor
Salvatore Turturici, e “Mariano
Falco“, della signora Giusi Falco,
per avermi permesso di effettuare le
riprese e per aver collaborato con
me nella realizzazione di alcune
scene. Infine il panificio “Zzà
Rosa” dei signori Vito Marsala e
Vincenzo Augello, per avermi
gentilmente concesso il pane per una
scena.
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