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Vaghe e
incerte sono le notizie storiche sulla fondazione in
Caltabellotta del convento di S. Agostino, facente parte del
grande complesso monumentale composto oggi, oltre che dalla
chiesa omonima (1742) e dall’annessa ex chiesa di S. Lorenzo
(XV sec.), dall’attuale Scuola Elementare S. Agostino,
edificata agli inizi dell’era fascista al suo posto.
Da fonti storiche si sa che gli Agostiniani giunsero a
Caltabellotta nell’anno 1154 provenienti dal vicino Eremo di
Montevergine in S. Anna, luogo in cui sorgeva la seconda
Triocala, e nel quale probabilmente erano giunti in epoca
imprecisata fra il 493 ed il 700 dal nord Africa dove era
nato, vissuto e morto S. Agostino, fondatore del loro ordine
religioso, a seguito delle persecuzioni dei Vandali.
Il Convento di S. Agostino, chiamato anche convento
dell’Annunziata fu il dodicesimo fondato dai padri
Agostiniani in Sicilia. Esso si è conservato, nella sua
interezza, fin verso la fine degli anni venti anni del ‘900.
All’inizio del ventennio fascista fu parzialmente demolito
per dare luogo alla maestosa fabbrica attualmente esistente
costruita ed utilizzata come Scuola Elementare, che è la
parte di cui ci occuperemo in questa sede.
Rimane dell’antica struttura quattrocentesca una parte
inglobata nell’ex Chiesa di S. Lorenzo e una parte di
vestibolo che dava accesso all’antico loggiato ed alla
chiesa retrostante (dell’Annunziata?), di cui esistono solo
vestigia, sicuramente preesistente all’attuale, quasi
certamente coeva o precedente all’antico monastero.
All’inizio dell’era fascista, a Caltabellotta non esistevano
altri locali idonei utilizzabili ad uso scolastico, tranne
quelli del Collegio, e nell’ottica dell’epoca è stata
demolita la struttura quattrocentesca, probabilmente in
cattivo stato di conservazione, per fare posto all’attuale
imponente organismo in puro stile “littorio”.
Come per tutti i conventi, gli agostiniani avevano scelto
una posizione dominante sul territorio circostante, e quindi
questo complesso architettonico è favorito da una
collocazione panoramica privilegiata, facendo bella mostra
di sè al visitatore che vi arriva da sud o anche da ovest.
Composto anche dalle chiese di S. Lorenzo e di S. Agostino,
da cui appunto prende il nome, è sicuramente una delle
strutture più prestigiose della cittadina montana. Anche se
in posizione periferica rispetto al centro urbano è ben
collegata con esso attraverso una delle più importanti
arterie viarie cittadine.
La “Scuola Elementare S. Agostino” si presenta invece con
una pianta regolare distribuita su due elevazioni con scala
interna a tre rampe e con un ampio cortile esterno. E’
racchiusa, ad ovest fra il retro della settecentesca Chiesa
di S. Agostino ed i resti quattrocenteschi dell’antico
monastero, a nord-est dal basamento del muro di contenimento
della villa comunale.
Dalla lettura dei prospetti, di gusto eclettico e quasi
classicheggiante, si possono cogliere i principi ispiratori
dell’architettura dell’epoca: il singolo edificio
monumentale di tono trionfalistico che il regime richiedeva
“facendolo giganteggiare nella necessaria solitudine”.
Conservatore, come tutte le dittature di ogni tempo, il
fascismo, ad opere innovative che sottintendevano fermenti
di libertà, preferiva architetture tradizionali, soprattutto
quelle che si rifacevano genericamente al classicismo, sia
perché questo significava ordine, sia per il richiamo alla
Roma dei Cesari, tanto più sentito ed enfatizzato da un
regime che sosteneva di voler ridare all’Italia un ruolo
dominante e riportare l’Urbe al livello imperiale di caput
mundi.
La fabbrica, unica dell’epoca nel suo genere, “giganteggia”
infatti sulla edilizia minore che la circonda e possiede una
compatta cortina muraria di materiale lapideo, quasi
certamente realizzata da lapicidi locali, un tempo numerosi
a Caltabellotta, essendovi in loco diverse cave di pietra
calcarea.
Il prospetto principale è bucato da due ordini di finestre,
dodici per piano, tre per ogni aula e da un portale di
ingresso importante, sovrastato da un balcone in pietra
finemente scolpito, al di sotto del quale campeggia
l’emblema comunale intercalato da due “fasci littori”.
Sequenze di alte paraste in pietra bugnata includono gruppi
di sei finestre delimitate al piano terra da piedritti
leggermente aggettanti e piattabande a sesto ribassato con
concio di chiave emergente dalla specchiatura.
Tutta l’area basamentale è intervallata da una cornice
sempre in pietra che racchiude spazi rifiniti ad “opus
reticularum” e a disegni geometrici sagomati agli apici di
un rettangolo in lieve sporgenza.
Le finestre del 1° ordine sono invece sormontate da una
semplice piattabanda in pietra con gola leggermente
aggettante, con due pronunciamenti a “punta di diamante”
nell’area basamentale.
L’edificio raggiunge il massimo della monumentalità, nella
mezzeria della facciata, dove due paraste in aggetto,
lavorate a finto bugnato, inglobano il portone d’ingresso a
doppia altezza e il solenne “balcone” portato da due mensole
fortemente stilizzate ai cui lati si inseriscono due volute
con contorni a “greca”, rivisitati secondo gli stilemi e il
gusto del tempo.
L’area sommitale è conclusa da un leggero cornicione
sagomato, ripartito dalla lunghe paraste che svettano oltre
la linea dell’attico: quella centrale, incorpora un occhio
in pietra a triplo rincasso, sormontato da un concio di
chiave introdotto a forza nella circonferenza lapidea
delimitata da due greche con aggettivazioni classiche.
Alcune manomissioni alla struttura, sia interne che esterne,
apportate negli ultimi anni, come la sostituzione delle
vecchie finestre lignee con serrande plastificate,
dell’originario portone principale con un infisso in
alluminio anodizzato, nonché alcuni “rifacimenti” dei
retroprospetti hanno suggerito alla Soprintendenza ai Beni
Culturali di Agrigento l’apposizione del vincolo diretto
sulla struttura a norma della ex legge 1089/39 (oggi Decreto
Legislativo n. 42/2004) onde potere conservare nella sua
interezza l’imponente struttura monumentale, splendido
esempio di architettura del Littorio della Sicilia
occidentale. |