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Il Castello di Poggiodiana
rappresenta una testimonianza sicuramente importante e per
certi versi unica dell'architettura civile e militare del
Medioevo. Abbarbicato su di una altura molto vicina alla
cittadina di Ribera, si erge su di uno strapiombo al cui
piede scorre il fiume Verdura. Luogo impervio per la quasi
totale assenza di vie di accesso, è anche difficile da
apprezzare a distanza, in quanto l’altitudine del
promontorio su cui è posto è poco elevata, benché sia
dominante rispetto alle aree immediatamente circostanti.
Il tutto è inserito fra due costoni rocciosi che appena lo
sovrastano, per cui dalla provinciale che da Ribera va verso
S. Anna, in contrada Martusa, si può solo intravederne
qualche brano sulla destra, attraverso le chiome degli
alberi di un recente rimboschimento. Se vi si rivolge lo
sguardo da sud-est, venendo da Agrigento, non si riesce ad
ammirarlo in tutta la sua maestosità confondendosi nel
colore e nella forma con l’ ambiente circostante. Bisogna
risalire invece lungo il corso del Verdura per restare
affascinati dalla vista dei suoi ruderi maestosi svettanti
verso il cielo. Anche se il colpevole abbandono degli uomini
aggiunto alle ingiurie del tempo ne hanno fortemente
mutilato le strutture, tuttavia la vista di quelle compagini
murarie fino a qualche anno fa malferme e pericolanti, ma
maestosamente inerpicate sul promontorio fa tornare la mente
del visitatore indietro di molti secoli, a quando cioè
cavalieri e dame del Medioevo avevano dimora in quella
roccaforte, da tutti chiamata Poggiodiana (seppure avvolta
nel mistero delle sue origini storiche). Questa sensazione
non si avverte solamente per l'alone di magia che avvolge
generalmente gli antichi manieri, ma soprattutto per le
confuse notizie che riguardano la sua fondazione e il modo
in cui le sue strutture siano state più volte trasformate
nel tempo.
Le due diverse denominazioni che si avevano per un solo
sito, cioè Misilcassim, nome di chiara origine araba, e
l’attuale nome Poggiodiana avevano tratto in inganno nel
passato non pochi studiosi tanto che più d’uno aveva pensato
che ai due diversi nomi corrispondessero altrettante
strutture: alla seconda la nostra e alla prima non si sapeva
che cosa. Lo storico saccense Ignazio Scaturro affermò
invece che Misilcassim e Poggiodiana non erano altro che due
nomi per un'unica struttura architettonica.
Il dilemma è stato risolto dallo studio fatto da due
studiosi riberesi alcuni anni addietro, Raimondo Lentini e
Giuseppe Scaturro, che hanno raccolto in un testo molto ben
fatto le loro conclusioni.
Si può leggere appunto nella prefazione al loro studio:"…La
ricerca di archivio permette...di provare definitivamente
che Misilcassim e Poggiodiana sono due toponimi relativi a
due distinte fasi della vita di uno stesso insediamento. Il
casale e la torre che le fonti del XIV e XV secolo chiamano
Misilcassim (un toponimo arabo che rimanda, evidentemente,
almeno al XII secolo), verranno sostituiti nella seconda
metà del XVI secolo da un grande castello residenziale. Il
nuovo toponimo, cortese e toscaneggiante, sarà scelto in
onore di una Diana Moncada, moglie di Giovanni Vincenzo de
Luna, feudatario del luogo, o forse di un'altra nobil donna
della famiglia de Luna, anch'essa di nome Diana."
Vale la pena di ricordare che la ristrutturazione avuta dal
castello nel XIV secolo è avvenuta ad opera di Raimondo
Peralta in contemporanea alla costruzione del Castello di
Sciacca comunemente chiamato Luna, probabilmente utilizzando
la medesima manodopera. I due studiosi asseriscono anche che
il nostro è uno dei pochi esempi di castelli che hanno
subito una ristrutturazione in epoca rinascimentale, quindi
in epoca successiva al medioevo, cosa che raramente è
avvenuta in altri castelli siciliani, i quali in massima
parte cadranno in abbandono seguendo il decadere dei loro
feudatari “politicamente inquadrati e militarmente superflui
nel contesto della Sicilia viceregia. L'obsolescenza e la
rovina cominciarono quindi prestissimo per molti fortilizi
medievali dell'Isola.”
Si è certi invece che il castello di Poggiodiana, utilizzato
fino a tutto XVII secolo, invece, abbia ricevuto continui
interventi di restauro e manutenzione fino a quell’epoca. Si
pensa quindi che possa essere stato abbandonato alla fine
del Seicento, forse in seguito a danni eventualmente subiti
a causa del sisma del 1693, che lo avrebbe danneggiato
irrimediabilmente.
Fin qui lo studio, ma tornando alle nostre considerazioni
possiamo dire che negli anni scorsi si era sempre sentito
parlare di questo castello, solamente e giustamente, in
termini di abbandono e di degrado; varie petizioni sono
state rivolte da diverse organizzazioni culturali sia verso
le istituzioni che verso gli organismi di tutela, i quali
peraltro non erano mai potuti intervenire in quanto la
struttura è di proprietà privata.
Per la verità neanche il Comune di Ribera, nel cui
territorio sorge il castello e ne costituisce anche il suo
emblema, si era mai occupato più di tanto per acquisirlo in
qualche modo considerando che la struttura è stata oggetto
di un passaggio di proprietà fra privati negli ultimi venti
anni e pare a cifre non folli.
Tale Riccardo Scrott con residenza nel padovano - oggi
scomparso - assieme a gente della zona, l’hanno acquistato
alcuni anni fa lasciandolo però nel colpevole abbandono.
Tuttavia a seguito del recepimento da parte della Regione
Siciliana del DPR 368/94 la Soprintendenza ai Beni Culturali
di Agrigento aveva potuto iniziare le procedure per
sostituirsi ai proprietari inadempienti, procedure che sono
state avviate e che oggi hanno portato al restauro del
castello. |