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Le prime
notizie sulla Chiesa Madre di Caltabellotta provengono dal
Nicotra, che racconta: Avendo Ruggero normanno sin dal 1061
tolta quasi tutta l'isola al dominio saraceno, nel 1090 si
portò sotto Caltabellotta, che tenevasi ancora da costoro.
Al di lui appressarsi gli uscirono incontro gli abitanti ed
attaccarono battaglia nel sito ove fu Triocala, ma bencbé
superiori di numero ai normanni furono con molto danno
costretti a ritirarsi nel castello, ove strettamente
assediati e forzati dalla fame si arresero.Nel luogo ove
vinse la battaglia, Ruggero volle fosse eretto un tempio che
dedicò a S. Giorgio, elettosi a suo speciale protettore.Nel
diploma del 1098 risulta che il tempio fu dato in cura ai
padri basiliani, assegnando loro quella stessa campagna, ove
con pochi cavalli sbaragliò e costrinse a ritirarsi i
saraceni.Il re Ruggero, figlio del conte, assegnò nel 1134
il beneficio al monastero grande del Salvatore di Messina.
Il re Alfonso D'Aragona lo assegnò in seguito ai conti di
Caltabellotta. Queste sono le prime notizie sull'esistenza
di un edificio destinato al culto cattolico, ma è
caratterizzante la scelta del luogo, marginale rispetto al
paese, a differenza della maggior parte degli insediamenti
abitativi di ogni epoca dove la chiesa Madre è sempre
ubicata in posizione centrale.
Al di là
di quanto riportato nel famoso diploma del 1098, va
considerata la morfologia del luogo, con particolare
attenzione alla rupe Gogàla. Questo monte, chiamato anche
Matrice dai residenti, reca evidenti tracce di un antico
insediamento con fondamenta quadrangolari di case scavate
nella roccia, gradini intagliati, tombe e cisterne. E'
chiaramente visibile un sistema di canalette per convogliare
le acque piovane nelle cisterne, solitamente scavate
all'interno delle case. La viabilità è costituita da strade
strette, scavate nella roccia e l'insieme rivela una
pianificazione urbanistica unitaria ed intensiva. Sul
versante meridionale, la torre quadrangolare detta Galofara,
presenta una tessitura muraria che per la dimensione e
disposizione dei conci farebbe pensare ad una costruzione di
epoca bizantina. Gruppi di tombe isolate ai margini delle
zone abitate, e delle quali è rimasto solo il contorno
all'interno di un'area definita, fanno pensare all'esistenza
di piccole chiese cimiteriali e, la accertata sacralità del
luogo, concorre a giustificare la fondazione della Chiesa
Madre. Risulta che nel 1 sec. d.C., Tríocala fu sede
vescovile e il primo vescovo fu San Pellegrino, nato a Lucca
di Grecia e mandato in Sicilia dall'apostolo Pietro assieme
a Massimo e Marciano. E' interessante sottolineare quanto
dice Giustolisi in relazione al culto di San Pellegrino,
venerato nella chiesa sull'omonimo monte, dove permangono
tracce di architettura normanna e successivi interventi del
XVIII sec. il manufatto è costruito in aderenza a due
caverne in parte scavate artificialmente e sicuramente luogo
di culto antichissimo di una divinità pagana, laddove è
immaginabile una continuità d'uso dalla preistoria ad oggi.
Il permanere della sacralità del luogo in epoche e civiltà
diverse non si limiterebbe al Santuario di S. Pellegrino, ma
è verosimile si verifichi anche per la Chiesa Madre di
Caltabellotta. L'ipotesi trova conferma nel fatto che il
luogo di culto si trova nel contesto dell'abitato
cristiano-bizantino laddove, per altro, doveva anche
preesistere un'antichissima devozione pagana. La devozione a
S. Marta sarebbe quindi la persistenza popolare
dell'adattamento che subì il culto pagano nella primitiva
chiesa cristiana.Sotto la chiesa Madre, dove sgorgava fino a
qualche tempo fa una sorgente - fatto notevole per lo
stabilirsi della sacralità del luogo - sono state rinvenute
delle tombe che secondo j. Schubring sono romane, con
scheletri di alcuni inumati che, a dire dei popolani,
avevano una monetina in bocca. Il perdurare della
destinazione ad area sacra deve essere avvenuto anche
durante tutto il periodo della dominazione araba. I
musulmani infatti non disdegnarono di trasformare in moschee
le preesistenti chiese cristiane, o edificare i loro luoghi
di culto (un esempio è la cattedrale di Palermo) nello
stesso sito delle chiese cristiane precedentemente demolite,
sia per sovrapporre la loro cultura e tradizione religiosa a
quella dei vinti, sia per affermare inequivocabilmente il
loro potere. Non deve meravigliare la scelta poi di Ruggero,
sulla ubicazione della chiesa, perchè la cancellazione delle
moschee aveva il medesimo significato anche per i nuovi
conquistatori normanni. Dopo il regno di Ruggero,
caratterizzato da numerose costruzioni sia civili che
religiose, per la mutevolezza delle condizioni politiche e i
disaccordi tra il potere temporale e quello spirituale
l'architettura chiesastica siciliana ebbe un periodo di
stasi che durerà fino alla fine del XIV secolo, quando
inizia il governo stabile degli aragonesi. I pochi monumenti
rimasti di questo periodo, pur riprendendo gli schemi
planimetrici delle costruzioni arabo normanne, raggiunsero
una completa unità di linguaggio architettonico ' essendo
venute meno le influenze arabe che avevano caratterizzato i
secoli precedenti.Si assiste così all'abbandono delle cupole
islamiche poste a copertura sia della nave che dei
campanili, ed i soffitti lignei a stalattiti cedono il posto
a quelli più semplici, ma non per questo meno suggestivi,
con l'orditura a vista, mentre le decorazioni cominciano a
risentire l'influsso delle correnti nordiche importate dalle
maestranze tedesche giunte al seguito della corte imperiale.
L'articolazione della pianta, abbandonata da tempo la croce
greca, si svolge secondo lo schema basilicale a tre navate
con transetto; e l'adozione di questo impianto dà la
possibilità di costruire un numero maggiore di altari e
quindi anche di soddisfare l'esigenza della cripta sotto il
transetto. Nasce così un organismo architettonico,
variamente articolato, che offre diverse visuali spaziali,
oltre alla possibilità di avere all'interno della chiesa
spazi destinati a più funzioni. L'edificio religioso non ha
infatti l'uso esclusivamente ecclesiastico a cui oggi siamo
abituati: la chiesa come istituzione non è ancora un potere
ben determinato e l'interferenza tra potere statale ed
ecclesiastico avrà come effetto finale la lotta per le
investiture. Agli organismi chiesastici non sono estranee
neanche le funzioni difensive: sorgono così grandi complessi
religiosi al limite della città murata, quasi sempre in
posizione sopraelevata rispetto al territorio circostante le
cui torri collegate visivamente con le altre sparse nel
territorio e all'interno della città. Un aspetto non
sufficientemente indagato è quello relativo alla
semasiologia (teoria del significato) dell'architettura
religiosa.In questo periodo storico, nonostante il duplice
aspetto spirituale e temporale ' la progettazione degli
organismi religiosi è improntata essenzialmente
all'esaltazione spirituale. Sorgono edifici con dodici
colonne, a ricordo dei dodici apostoli che sono appunto i
sostegni della chiesa; la pianta cruciforme rappresenta la
croce di Cristo, mentre il massimo della esasperazione
progettuale improntata a certe ideologie si raggiunge col
piegare l'asse longitudinale di alcune chiese, a simbolo
della testa inclinata di Gesù sulla croce, mentre la
sovranità celeste viene rappresentata attraverso l'arco per
accedere all'abside arrotondata, coperta da una volta.Si
riconosce comunque il gusto ereditato dagli arabi, ed
assimilato dagli architetti locali, per le cortine murarie
eseguite con piccoli conci di pietra perfettamente squadrati
e ammorsati: l'amore per tale perfetta stereotomia resta a
lungo nell'animo dei progettisti isolani, fino a quando
l'indisponibilità di manodopera adeguata non li fa ripiegare
su tecniche diverse. Derivano da questa maniera di concepire
il paramento murario mirabili esempi di architettura in cui
il colore e la struttura della pietra determinano insieme il
carattere delle costrizioni. Per la prima volta si
costruiscono fondazioni isolate per i pilastri, mentre
quelle della muratura sono continue. Gli archi vengono
eretti con l'impiego di una centina e richiedono murature di
grande spessore per assorbire le spinte o i carichi indotti.
Nella cortina muraria si realizzano aperture e vi si
inseriscono colonne, archi e volte per soddisfare un
equilibrio statico di nuova complessità. il pavimento della
chiesa dell'epoca ha un'importanza ancora maggiore di oggi,
in quanto libero da sedie e panche, anche se è spesso
estremamente semplice: in lastre di pietra o in mattoni,
sempre in armonia con il carattere della costruzione. Non
mancano comunque pavimentazioni ricche di intarsi che vanno
dal semplice disegno geometrico a più complesse composizioni
figurative racchiuse entro comparii incorniciati. Venuta
meno l'influenza arabo-bizantina, la decorazione si
manifesta soprattutto nell'espressività formale del
capitello, a trapezio, a calice godrons di derivazione
normanna, in cui foglie ornamentali, forme anticheggianti ed
elementi figurativi, appaiono come retaggio di un mondo
culturale più antico.La decorazione esterna fonda
principalmente sui portali, evidenziati da una serie di
archi acuti realizzati secondo piani diversi e terminanti su
capitelli riccamente scolpiti.Nel quadro dell' architettura
di questo periodo la Chiesa Madre di Caltabellotta è la
tessera di un mosaico che si presenta mutilato e alterato in
gran parte del suo disegno globale. Una descrizione tratta
dal Nicotra nel suo dizionario dei comuni siciliani dei
1907: Fra le opere pregevoli per l'antichità notasi questa
chiesa che molti hanno creduto fosse stata moschea dei
saraceni, ed altri con più probabilità dicono fosse quel
magnifico tempio a doppio ordine di colonne, di cui parla il
Malaterra, fatto innalzare dal conte Ruggero, in onore di S.
Giorgio, in seguito alla vittoria ivi portata sui Saraceni.
Sulle colonne a grandi dischi di pietra, sovrapposti vedonsi
ancora degli affreschi molto primitivi e rovinati
dall'umido. La parte di fondo, vicina all'altare maggiore è
stata trasformata nel secolo XVI a stile toscano.In essa vi
è una fonte di acqua benedetta, situata alla parte
posteriore con iscrizioni arabe e segni cristiani. Nella
cappella della Madonna della Catena esistono pregiate
statue, eseguite nel 1598 dal giulianese Antonio Ferraro.
Peccato che tale cappella - racconta il Di Marzo - sia oggi
tutta in rovina e nulla più tra poco si troverà di quel
tanto, che ancor oggi rimane delle opere del Giulianese, ove
non vi si rechi pronto riparo. L'arco esteriore
fiancheggiato da due colonne ornatíssime, ha tuttavia al di
sopra, fra due maestose figure o statue di lsaia e Geremia,
un bellissimo gruppo dell'Assunta con grande corteggio di
angeli in svariate attitudini di invincibile grazia e
vaghezza. Le Madonne con bambino del 1596 attribuite ad
Antonello Gagini testimoniano quel manierismo siciliano, le
cui note stilistiche sono al pari e contemporanee a quelle
più alte della cultura d'avanguardia del tempo.La cappella
del gíulianese è invece una delle ultime composizioni
realizzate dal Maestro ed è da considerarsi una delle opere
testamentarie più complete dove pittura, scultura e
architettura si fondono per dare vita ad una complessa
armonia fatta di alternanze di pieni e vuoti, di ritmi
simmetrici e precari equilibri compositivi. La chiesa è a
tre navate, con una serie di cappelle sul lato sinistro di
chi entra. Robusti pilastri cilindrici e semiottagonali
lateralmente sorreggono semplicissimi capitelli, composti da
elementi essenziali: un abaco, sotto un tegolino e uno
schiacciato toro semicircolare.Gli archi sia longitudinali
che trasversali, formano veri diaframmi lungo la nave
centrale, e sono a sesto acuto, dal profilo variabilissimo,
dovuto agli assestamenti subiti nei secoli. Sono anche ben
evidenti i diversi momenti stilistici all'esterno, come nel
portale principale dove il varco archiacuto è sottolineato
dalle asciutte ed essenziali membrature e da disadorni
bastoni che ne determinano le molteplici ghiere, e che
continuano negli spigoli dei piedritti. I capitelli
fitomorfi, estremamente stilizzati, dettifiori a chiodo, si
possono datare alla seconda metà del XIII secolo.Il
paramento murario di facciata, corrispondente alla navata
centrale, è costituito da una fodera dalla listatura isodoma
non facilmente databile rivelata dal parziale crollo dei
conci di paramento, interessanti anche parzialmente il
portale, dopo il sisma del 1968.La muratura di quasi tutto
il complesso è un misto tra murature pseudo isodome, di
pezzatura piuttosto regolare e di conci ben lavorati e
squadrati, mente trasformato, all'interno di tipica matrice
normanna, ma anche araba. La torre presenta anch'essa una
tessitura muraria perfettamente isodoma, ed è chiaramente
riferibile al primo periodo normanno, ipotesi avvalorata
anche dal nudo disegno della ghiera del piccolo portale
d'ingresso. Aldilà del diaframma costruito nel 1968 dopo i
gravi danni subiti dall'edificio a causa del sisma, si sono
potuti osservare dall'esterno i resti di altre cappelle che
originariamente dovevano essere inscritte entro archi
lanceolati, ricoperti da stucchi nella fase di
trasformazione del XVII secolo. La pianta è stata
completata, nelle parti inaccessibili, da un rilievo degli
anni trenta attraverso il quale si sono potuti individuare,
anche dall'esterno, i resti dell'antico transetto, profonda
del quale si possono intravedere le colonne che ne marcavano
il disegno. All'interno della chiesa si trovano senza
precisa destinazione, due pregevolissime Madonne con
Bambino, di scuola gaginesca, di rarissima fattura, in
perfetto stato di conservazione. Nella quarta cappella vi è
la statua marmorea di un santo vescovo, da attribuirsi alla
stessa scuola. Sulla navata laterale ovest, si aprono due
porte di cui una murata, corrispondente all'esterno con un
pregevole portale dall'inconfondibile disegno della prima
metà del XII secolo. Il secondo portale visibile solo
dall'esterno, nella parte isolata dal muro di chiusura,
presenta una ghiera contornata da elementi lapidei a punta
di diamante. |