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I due nomi
del castello di Caltabellotta, che da alcuni è chiamato
Conte Luna e da altri della Regina Sibilla (per distinguerlo
dall’omologo di Sciacca) derivano: il primo dalla famiglia
più importante che, nel corso dei secoli, ne ha detenuto per
più tempo la castellania; il secondo da un fatto storico
avvenuto all’interno di esso.
Pochi segni rimangono di quella che doveva essere
un’inespugnabile roccaforte; solamente un muro, un
significativo portale e le fondamenta di alcuni vani
resistono alle ingiurie del tempo. Anche se dal punto di
vista architettonico poco è conservato, tuttavia è sempre
entusiasmante salire lungo la ripida scalinata incastonata
nella roccia, che permette di raggiungere la vetta a quota
949, comunemente detta il Pizzo, sulle cui pendici sorgevano
le possenti mura dell’antico maniero. Carichi di leggenda e
di storia, i pochi ruderi rimasti riescono ancor oggi ad
infondere nel visitatore il fascino dell’antico Medioevo.
Là, in alto, lo sguardo del visitatore può spaziare a 360
gradi ed è possibile ammirare uno splendido paesaggio,
dall’entroterra siciliano fin dentro il mare africano, che
non fa rimpiangere la limitatezza delle strutture
castellane. Ci si rende così conto dell’importanza
strategica che ebbe fino a quando, negli ultimi secoli del
Medioevo, raggiunse il suo massimo splendore.
Da lassù sono facilmente visibili: il castello di Giuliana,
per qualche tempo pure dei Peralta; i resti del castello di
Cristia, inerpicato su un promontorio sopra l’abitato di S.
Carlo (Pa), che nel XIV secolo fu di notevole importanza
strategico-militare nelle vicende che insanguinarono la
Sicilia di allora; il castello saraceno di Burgio; il
castello di Poggiodiana, posto al confine fra il territorio
di Caltabellotta e di Ribera, di cui rimangono splendide
vestigia e il Castello Luna di Sciacca, appartenuto alla
stessa potentissima famiglia.
Il castello di Caltabellotta pare sia stata riedificato nel
1090 all’arrivo dei Normanni. Tale riedificazione pertanto è
avvenuta contemporaneamente a quella della chiesa della
Madonna della Raccomandata, successivamente dedicata a S.
Francesco di Paola, e alla chiesa del Salvatore, ubicata
alle pendici del monte, la cui porta originaria era rivolta
proprio in direzione del castello.
Aldilà degli aneddoti popolari tramandati oralmente, è
storicamente accertato che il castello di Caltabellotta,
comunque lo si voglia chiamare, fu il luogo in cui venne
ospitata la regina Sibilla e dove risiedeva,
preferibilmente, la famiglia Luna al tempo del “Caso di
Sciacca”.
Nel 1194, infatti, morto re Tancredi cui successe il figlio
Guglielmo III ancora fanciullo, la regina madre Sibilla
cercò di organizzare la resistenza nell'isola contro lo
svevo Arrigo VI, che avanzava alla conquista del regno di
Sicilia e per prima cosa si preoccupò di mettere in salvo il
giovane re e le altre tre figlie in questa sicura e
inaccessibile rocca.
Essendo il Pizzo un punto preminente rispetto ai territori
circostanti e Caltabellotta luogo abitato fin dal tempo dei
Sicani, certamente nei millenni sarà stato sempre adibito a
posto di vedetta, considerando anche che, in giornate
particolarmente favorevoli, è possibile potere osservare, a
oriente, l’Etna quando è in attività, l’isola di Pantelleria
e un notevolissimo numero di centri abitati.
Vari avvenimenti saranno sicuramente avvenuti all’interno di
questo maniero. Secondo alcuni storici si vuole che nel
novembre del 1270 sia stato tenuto al suo interno un famoso
banchetto da Guido di Dampierre conte di Fiandra il quale,
sbarcato a Trapani di ritorno dalla Crociata fatta con re
Luigi IX di Francia, che in quell'impresa trovò morte e
santità, volle festeggiare i suoi compagni d'arme assieme a
re Carlo d'Angiò.
Il nome di questo castello è ricordato anche, in una sua
novella, dal Boccaccio (Decamerone giorn. 10.7). In essa si
narra che attorno al 1282, la giovane Lisa Puccini
invaghitasi perdutamente di re Pietro d'Aragona, quasi a
morirne, pregò un valente trovatore di raccontare al re, in
versi, la sua pena. Re Pietro commosso da tanto amore si
recò da lei, che dalla gioia fu subito guarita, e le diede
in sposo il nobile giovane Perdicone e in dote il castello e
le terre di Caltabellotta.
Verso la fine del XIII secolo divenne proprietà prima
dell’Abate Barresi e poi di Federico di Antiochia; in
seguito passò a Raimondo Peralta, che ottenne da Pietro II
il titolo di Conte di Caltabellotta, e più tardi a suo
figlio Nicolò la cui erede, Margherita, andò in sposa ad
Artale Luna. Il maniero rimase alla famiglia Luna per più di
due secoli fino al 1673 quando ne divenne castellano
Ferdinando d’Aragona Moncada; per successive eredità passò
ad Antonio Alvares Toledo duca di Bivona (1754) dopo di che
il castello decadde. |