Nel 1954 si ebbe un’annata di gran
siccità fino al 25 marzo del 1955 quando per decisione degli stessi
cittadini, si volevano portare i simulacri della Madonna dei
Miracoli, di San Pellegrino e di un Cristo che una vecchia signora
aveva sognato, il Diovivo della chiesetta dei Cappuccini, posto
all’interno delle catacombe del convento annesso. Non appena il
crocifisso fu portato fuori, dal mare in direzione di San Calogero,
apparve una nuvoletta che man mano si avvicinava andava
ingrossandosi fino a coprire tutto il cielo. Intanto dalla Chiesa di
Sant’Agostino era portata la Madonna, mentre tutta la gente
piangendo gridava: “L’acqua e lu pani vulemu”! Uno dei tanti
sacerdoti affermava che l’acqua sarebbe caduta solo da recipienti,
letteralmente: “Ora l’acqua vi la duna cu lu bummulu!” Nonostante
ciò il popolo portò, penitente, i simulacri verso la contrada Giubbu
ad ovest della cittadina, dove le “vare”, sgabelli sui quali tutt’oggi
sono poste le statue dei Santi, furono sistemate in modo da guardare
verso la città e posate sull’orlo del precipizio. A quel punto dopo
tanta preghiera iniziò a cadere dal cielo una pioggia incassante,
che durò per tutta la processione inondando le campagne assetate. Da
quel giorno ogni anno è fatta una festa di ringraziamento, detta “di
li fimmini”, che vuole ricordare il grande miracolo della pioggia.
Ancora oggi nei periodi di siccità, i simulacri della Madonna dei
Miracoli, del Diovivo e di San Pellegrino, dopo “li missi di grazia”
che durano per una settimana, sono portati nella stessa contrada,
posti allo stesso modo di come furono sistemati in quell’anno ed è
fatta una processione di penitenza. Spesso tale sacrificio è
accettato da Dio che nella sua bontà dona la pioggia. |