Nella venerabile
chiesa di S. Agostino oggi Parrocchia, si venera con
fervorosa devozione una miracolosa immagine della
Vergine SS. del Soccorso, sotto il nome di Madonna
dei Miracoli. Scrivendo di essa, Rocco Pirro
riferisce che fu dichiarata protettrice e patrona di
Caltabellotta con pubblico voto degli abitanti il 22
Aprile 1601 per averli preservati dal colera. La
storia della Madonna comincia con il passaggio della
contea di Caltabellotta dalla famiglia Peralta ai
Conti Luna (inizi del secolo XV).
Questi commissionarono al maestro Francesco Laurana
una bellissima statua di marmo della Madonna del
Soccorso per farne dono alla comunità dei Padri
Agostiniani che intendevano stabilirsi in città. I
padri agostiniani si sganciarono dalla chiesa di San
Lorenzo, che la cedettero al clero locale, ed
edificarono accanto ad essa una chiesa più grande
dedicata al Padre S. Agostino; qui, con il convento
attiguo, svolgevano un grande ministero di grazia a
favore del popolo di Dio a loro affidato.
Successivamente la prima immagine in marmo del
Laurana fu riportata in legno.
A tal proposito vengono tramandate di generazione in
generazione varie storie e leggende legate al culto
della Madonna dei Miracoli.
Si narra che un artigiano locale, che aveva la
figlia ammalata, si rivolse alla Vergine del
Soccorso e ricevuto il miracolo della guarigione
della figlia scolpì una piccola statua della Madonna
su un ceppo di fico e successivamente ne fece dono
ai Padri Agostiniani.
Data la piccola dimensione, la statua veniva portata
in processione nelle case degli ammalati che la
richiedevano e poi, avvenuta la guarigione,
ritornava in chiesa adorna di doni; per questo era
detta anche la Madonna degli Ammalati.
Un altro racconto sull’origine di questo miracoloso
simulacro recita: ...sotto la rupe Gogala, esisteva
un bell’albero di fico; il proprietario, per
particolare aspirazione e per certi misteriosi
movimenti del tronco, decise di farne una statua.
Dopo qualche giorno, la dipinse, la pose al sole ad
asciugare e poi si recò in campagna. A mezzogiorno
scoppiò un temporale ed il contadino, ricordandosi
della sua opera, si precipitò nel suo giardino per
riparare dalla pioggia la statua che con tanta cura
aveva realizzato. Con grande meraviglia vide che la
statua della Madonna era al riparo e perfettamente
asciutta ed integra nei colori. Nessuno l’aveva
toccata.
Un’altra versione sull’origine del miracoloso
simulacro, è la seguente: ...un giorno un certo
Padre Paolo (Pallu) monaco Agostiniano (morto in
fama di santità il 30 Dicembre 1847), trovò nel
giardino sotto la rupe Gogala un ceppo di legno di
fico e lo ritenne utile per sbarrare la porta della
chiesa di S. Agostino. Così fece.
La mattina seguente andò ad aprire la chiesa e vide
che il Ceppo di legno di fico non c’era più.
Chiese agli altri monaci se per caso lo avessero
visto o se qualcuno lo avesse preso, ma questi gli
risposero negativamente.
Un giorno si recò per il suo ministero alla Chiesa
Madre, e con grande meraviglia, vide che il ceppo di
legno era situato vicino al Crocifisso (proprio
quello che c’è attualmente nella chiesa di S.
Agostino).
Sbigottito, chiese chi avesse portato quel ceppo
fino alla chiesa Madre. Domandò in giro, ma non ebbe
risposte esaudienti.
Alla fine della Messa, dato che quel ceppo andava
bene per chiudere la chiesa di S. Agostino, lo
prese, lo riportò con sè e la sera lo sistemò allo
scopo.
Il giorno dopo, come tutte le mattine, andò ad
aprire la porta della chiesa e si accorse che il
ceppo di fico era sparito. Subito pensò ad uno
scherzo dei suoi confratelli anzi li accusò
violentemente della stupida azione che, a parere
suo, avevano commesso.
Ma vedendo che questi erano piuttosto frastornati,
gli venne un dubbio. Andò di nuovo alla Madrice e
vide, con grande meraviglia, che il ceppo di fico
era ancora vicino al Crocifisso.
Riportò il pezzo di legno a S. Agostino, lo sistemò
come le altre volte, e restò a vigilarlo.
Arrivata la notte, ad un tratto, vide che il pezzo
di legno sì tolse dalla posizione in cui era stato
sistemato e, balzellando, si diresse per la strada
che porta alla madrice. Arrivato là si accostò, come
le altre sere, vicino al Crocifisso. (La Madre che
va a trovare il Figlio; lu Ncontru).
Da lì, poi, la scultura della statua su quel pezzo
di legno di fico.
Un’altra storia legata alla devozione di Padre Pallu
recita che: …un giorno arrivò al convento di
Caltabellotta un certo Padre Paolo, uomo di Santa
Vita e con una particolare devozione alla Vergine.
Passava le sue notti in preghiera, e in
contemplazione, quando, si dice, vede uscire la
Madonna dalla porta della chiesa; la segue e si
accorge che sale su per le balze che portano al
colle Gogala. Di ritorno notò che la Madonna ha il
manto sporco e si permise di chiedere: “Dove siete
stata e perché avete la veste sporca?”. La Madonna,
racconta Padre Paolo, che spesso si reca alla
vecchia chiesa Madre per stare vicino al Figlio
Crocifisso che li risiede (ritorna anche qua la
storia della Madre che va a trovare il Figlio: lu
ncontru). Da questo racconto scaturisce il nucleo
centrale della festa così come l’abbiamo oggi.
Molti sono i miracoli
ricordati dalla tradizione popolare. Tra i tanti
ricordiamo quello compiuto da Maria SS. quando,
volendo alcuni forestieri impadronirsi della sacra
immagine e arrivati sotto la rupe Gogala sempre
all’altezza dell’ex caserma dei CC. la statua si
fece così pesante che furono costretti a lasciarla
sul posto. Ecco perché, quando la statua della
Madonna arriva sotto la rupe Gogala all’altezza
dell’ex Caserma dei CC , luogo del ritrovamento del
ceppo, essa, a detta dei portatori, si fa più
pesante. Una volta un bambino ha acquistato la forza
delle gambe percorrendo il tratto che va dall’inizio
delle stanghe del fercolo al trono della Beata
Vergine.
Si percorreva in processione la via D. Barbera: in
un punto dove la strada diventa molto stretta e
scoscesa, cadde a terra un angioletto della “Vara”.
Lì vicino c’era una mamma col proprio figlioletto
che era nato muto. Al cadere dell’angioletto il
bimbo gridò: mamma, l’angelo; il bambino guarì. |